
In Mezz’ora
February 16, 2025 at 01:05 PM
Il 16 febbraio 2024, esattamente un anno fa, Alexey Navalny, principale oppositore di Putin, veniva trovato morto nella colonia penale di Kharp, in Siberia, dopo tre anni di carcere, torture e isolamento. Aveva 47 anni. In un video registrato appena il giorno prima era apparso sorridente e in buona salute. La TV di Stato russa parlò di “embolia”, mentre ad agosto un rapporto ufficiale descrisse la causa della morte come una “malattia combinata”, elecando “ipertensione, miocardiosclerosi, edema cerebrale e polmonare e fibrillazione ventricolare”.
Navalny stava scontando una condanna a 19 anni per “incitamento all’estremismo” e “frode". Nel 2011 aveva creato la Fondazione anti-corruzione, mentre nel 2018 il partito filo-occidentale “Russia del futuro”, subito messo fuori legge. Per la comunità internazionale era un “prigioniero politico”. “Tutti sanno che il responsabile è Putin”, commentò la moglie Yulia, che alle successive elezioni presidenziali organizzò una protesta pacifica.
Scampato a diversi tentativi di avvelenamento, Alexey si batteva per il “diritto di partecipare alla costruzione del futuro della Russia”, consapevole di rischiare la vita. "Se mi uccideranno, vuol dire che siamo davvero forti. Non arrendetevi!", aveva detto in un video del 2022.
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https://www.instagram.com/p/DGInWxZtzGb/?igsh=MXhsN2psaDU0cnR1aw==
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