
HUMAN RELOAD - Outgrow your limits.
February 14, 2025 at 01:58 PM
PER LA RUBRICA L’ANGOLO DEL DISAGIO
Non abbiamo alternative alla positività.
“Il fatto che non mi vedi sorridere mai non significa mica che non sono positivo, anzi”
“Non sono negativo, sono realista. Mica come voi che vi fate i castelli in aria”
“Si vabbè, fai sempre l’ottimista tu, ma che ne sai… Beata ignoranza, se vivessi anche solo una piccola parte dei miei problemi non faresti così tanti sorrisi”.
Sarà forse per il nome di battesimo che mi porto dietro come eredità del mio compianto nonno paterno (Felice), ma questo tema della positività e della felicità mi è sempre stato a cuore. Sorvolando sulle difficoltà adolescenziali affrontate nel gestire quello che più che un nome è un aggettivo indeclinabile tra maschile e femminile (tra bimbi certi vezzi o eccezionalità possono facilmente diventare bersaglio di feroci scherni), sono sempre stato convinto che essere realisti fosse la cosa che contasse di più nella vita e il migliore alleato per affrontare e risolvere qualsiasi problema. Sebbene i realisti non siano certamente persone che vanno in giro con un sorriso a 36 denti stampato sulla faccia.
Questa falsa connessione tra felicità e positività va spiegata, perché quando parliamo di positività o di approccio positivo alle sfide e alla vita, non significa certo andare incontro a qualsiasi evento ci accada con una paresi facciale settata su un sorriso smagliante.
L’essere umano, come tutte le altre specie presenti sul nostro pianeta, è guidato da un forte senso di conservazione e di preservazione. Non è quindi per sua natura incline al cambiamento e ciò è stato appurato a suo tempo anche da Charles Darwin quando ha postulato che la selezione naturale è il principio per il quale una lieve variazione di un tratto, se utile in natura, è preservata. Pertanto l’uomo non è incline alle variazioni, ma le subisce e come tale, se non è in grado di adattarsi velocemente al cambiamento, diventa materiale defunto di discussione per i posteri.
Essere idealisti e sganciati dalla realtà è certamente un modo per cadere nella trappola della selezione naturale, perdersi elementi concreti e fattuali che sono estremamente necessari per compiere proattivamente dei cambiamenti. Lo è però anche il voler a tutti i costi conservare le condizioni all’interno di un mondo costantemente impermanente. Spesso il realismo non è altro che un'espressione molto estrema di una paura ancestrale di ciò che non si conosce.
La paura è anch'essa un elemento vitale, è il motore necessario a preservare tutte le conquiste evolutive che la nostra specie ha raggiunto finora.
Esiste un precario equilibrio tra la paura e il coraggio di affrontare le necessarie opportunità di cambiamento. E lì si colloca il dibattito tra il pessimista (colui che rigetta ogni opportunità), il realista (che si muove con discrezione, un po' meno immobile del pessimista) e l’ottimista (che invece abbraccia qualunque tipo di cambiamento). Lì si colloca anche il nostro modo di affrontare la vita tutti i giorni.
La corsa per la sopravvivenza non è certo una passeggiata di salute domenicale, piuttosto un percorso pieno di ostacoli e di pericoli. Basta vedere qualche documentario che riprende la savana e la vita degli animali allo stato brado per rendersi conto come un nonnulla possa essere fatale; come una distrazione, un passaggio sbagliato o una mossa sfortunata possano mettere fine alla vita di specie forti e potenti. L’attenzione e la paura giocano sicuramente da alleati in questo caso, ma non bastano per aiutarci a sopravvivere. Ci indicano i rischi e i pericoli in agguato ma non ci danno quella forza e quel coraggio necessarie per guardare al di là di ciò che ci circonda.
La positività nasce dall’accettazione delle paure come parte integrante del nostro modo di affrontare il mondo e non come un blocco alla nostra vita stessa. Positività significa accettare la variabilità, l’impermanenza e l’evoluzione stessa della Vita come qualcosa di limitatamente controllabile, per focalizzarsi invece su ciò che possiamo controllare e/o modificare di noi ovvero su cosa possiamo imparare da noi stessi.
In questo senso essere positivi non significa necessariamente essere “felici”, ma significa rendersi conto delle innumerevoli opportunità che ci circondano e della possibilità, in una grande maggioranza dei casi, di fare leva su risorse a noi più o meno conosciute. Focalizzandoci sulle opportunità piuttosto che sulle paure riusciremo più velocemente e consapevolmente a procacciarci le risorse necessarie e a sviluppare quelle competenze indispensabili per vincere la corsa alla sopravvivenza.
Quante volte rimaniamo schiacciati dalle nostre paure quotidiane, quante volte costruiamo pensieri e narrative che accendono le nostre paure e l’istinto di conservazione. Nella stragrande maggioranza dei casi ci stiamo proteggendo però da…noi stessi e perdiamo il focus della crescita e dell’allenamento. Ed è un fatto che al di là del senso di sicurezza che può darci un surrogato piacere istantaneo, alla lunga vedere altri che invece vanno avanti e superano le difficoltà, controbilancia tale piacere con una discreta dose di frustrazione.
Pur consapevoli infatti che l’ottimismo e la positività potranno comportare il compimento di qualche errore ogni tanto, il vantaggio che se ne deriva rispetto al semplice e pragmatico realismo è, alla lunga, indiscutibile. Quindi, tanto vale farsene una ragione!

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