
HUMAN RELOAD - Outgrow your limits.
February 19, 2025 at 10:07 AM
DELLA FEDELTÀ E DELLA COMPETENZA.
“Quanto è importante circondarsi di ‘yes man’?”
“Boh, non so, l’unica cosa che so è che ogni anno se ne sfornano sempre di più…e sono praticamente tutti nella nostra azienda!”
“Dobbiamo decidere velocemente e non possiamo permetterci di non avere l’organizzazione a bordo, è importante fare un’opera di grande persuasione e chi non è d’accordo, beh quella è la porta!”
Quando mi capita di dibattere su questo tema ammetto che il rischio che possa correre un (estremo) iperattivo come me, sia quello di mischiare tanti temi e soprattutto per partire per mille autostrade differenti salvo poi ritrovarmi nel bel mezzo del nulla e nella nebbia. Il dilemma tra fedeltà e competenza è un dilemma da sempre presente nelle società moderne e occidentali, sicuramente da dopo il periodo illuminista con lo sdoganamento della conoscenza anche alle classi sociali meno agiate e che non hanno avuto, per secoli, accesso ai temi della conoscenza.
La competenza è stata certamente il motore del progresso e della sopravvivenza del genere umano rispetto alle altre specie animali planetarie, la capacità scientifica ha aiutato l’essere umano a guadagnare terreno vincente nella competizione naturale, a velocizzare lo scambio di informazioni attraverso la tecnologia della parola, a procacciarsi cibo per sé e per le future generazioni, a superare malattie e barriere di salute che hanno permesso di prolungare produttività e longevità. Viene da dire che la capacità dell’uomo di imparare e conoscere sia stata la sua vera arma, l’alleato principe che ha permesso di continuare a primeggiare.
Attraverso lo studio e l’analisi attenta dei comportamenti sociali dell’essere umano, abbiamo però imparato anche che l’essere umano è considerato quello che si definisce un “animale sociale”, ovvero un essere che entrato in età adulta, vive organizzandosi, dapprima in branchi, poi in tribù e successivamente in società strutturate, cosiddette civili.
Alla base di questo aggregarsi sta la relazione sociale, che nella nostra specie è rappresentata da un misto di emozioni e razionalità. Gli esseri umani socializzano, condividono, fanno squadra, si alleano, si misurano, celebrano, si combattono, conquistano, creano vite e le uccidono. La dinamica relazionale, all’interno della società umana, gioca un ruolo fondante. Non esiste tecnologia che generi frutti in senso assoluto ma essa può generare valore solo attraverso le maglie della relazione e della connessione umana.
E, come abbiamo visto, la connessione umana è fortemente legata alle emozioni. La fiducia è una di queste. Quando in aula con i miei discenti tocchiamo il tema della fiducia, spesso mi capita di indicare come la fiducia non possa fondarsi a priori se non su basi razionali e formali (“mi fido di ciò che mi viene detto”) salvo poi verificarla e viverla e contestualmente valutare in quale modo e quanto farla evolvere. Bene. Ma su quali basi evolve e si muove la fiducia?
Ed è su questa domanda che – finalmente – voglio condividere con voi il mio pensiero. Attraverso un esempio.
Supponiamo di fare un giro in macchina con uno sconosciuto. Entrambi abbiamo la patente e una volta davanti all’auto decidiamo che sia lo sconosciuto mr. X a guidare. Ha la patente, quindi in partenza tendo a applicare un minimo di fiducia (basato sulla formalità e sulla razionalità). Una volta in moto potrò misurare – escludiamo per un momento i discorsi su percezione e realtà – la sua qualità di “autista” attraverso la competenza. Se la valuterò negativamente, di conseguenza la fiducia verrà a scemare. Se valuterò la sua come una guida buona allora la mia fiducia aumenterà. E magari la volta successiva mi farò scarrozzare in giro ancora senza paura. Come vedete, in una situazione normale, un elemento chiave come la fiducia – e di conseguenza la fedeltà – si misurano attraverso la competenza.
Se invece avessi basato la fiducia solamente conoscenza personale dell’individuo e magari su emozioni o sensazioni provate in passato, avrei dovuto andare a cercare sensazioni provate con altri sconosciuti – con facili scivolamenti in bias e stereotipi, oppure avrei dovuto desistere dal farmi portare in giro. Una fiducia e quindi una fedeltà che si muove esclusivamente su parametri emotivi, è una fiducia che non fa crescere la relazione e non la fa evolvere. Quindi dovremmo affermare che la competenza guida la relazione verso porti di maggior valore.
E invece… e invece cosa succede quando non ho gli strumenti per valutare la guida dell’altra persona (magari non ho mai preso la patente o non ho mai guidato) o calibro la competenza sulla base di parametri sbagliati o troppo emotivi? Finisce che cado in balia di preconcetti o valutazioni poco veritiere. Ma soprattutto finisce che sono guidato solo da “incalibrabili” aspetti emotivi, come la paura, il senso di incapacità e inadeguatezza, il senso di potere o interesse o banalmente l’incapacità di valutare appieno le conseguenze di determinate decisioni, sia prese da me che dalla persona che ho a fianco.
Quando ci si trova davanti ad un ostacolo, se si possiedono le competenze base per superarlo, allora saremo in grado di pesare e soppesare tutte le variabili in gioco, sia quelle che riteniamo abilitanti, sia quelle bloccanti. Se, per contro, non possedessimo queste competenze, finiremmo a non sapere che passi fare e a non comprendere i rischi e i pericoli che ci troviamo ad affrontare, riportando il tutto su un piano emotivo e costruendo la fiducia – spesso con chi poi deve aiutarci – solo sulla base di ciò che rassicura i nostri bisogni.
Una fedeltà che si costruisce sull’incompetenza non genera necessariamente degli yes man, ma delle persone che non sanno più leggere e interpretare i segnali di pericolo se non come degli attacchi alla persona e quindi delle inutili resistenze. Il tema quindi non è se sia giusto o meno circondarsi di competenti e tecnici o di yes man, ma di essere capaci di discernere di cosa si ha bisogno e come poterlo ottenere, con capacità ma anche con giudizio emotivo.

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