Masters Of The Universe
Masters Of The Universe
February 19, 2025 at 07:51 PM
Visite inaspettate o attese? (Febbraio 2025, KaJu) Nello spazio insondabile, sospesa nell’orbita geostazionaria di Etheria come una lama pronta a calare, si stagliava un’immensa astronave. Per anni aveva proiettato la sua ombra sulle terre conquistate, monito costante della schiavitù imposta e della forza inarrestabile del suo padrone. Era la nave ammiraglia di una mente più fredda, calcolatrice e spietata di Skeletor stesso, un nome inciso nel terrore e nella rovina da secoli immemorabili: Hordak. Il tempo non aveva più significato per il cyborg, da quando si era volontariamente spogliato della propria mortalità attraverso esperimenti blasfemi, compiuti nei giorni in cui era un brillante scienziato al culmine dell’antica civiltà di Eternia. Ma la sua ambizione lo aveva spinto oltre ogni limite, fino a violare leggi antiche, leggi che ancora reggevano l’ordine del pianeta. Per i suoi crimini, fu esiliato e costretto a lasciare il suo mondo natale, bandito oltre i confini conosciuti, oltre quella galassia. Ma ciò che per altri sarebbe stata una condanna, per lui divenne una nuova ascesa. Mentre il tempo divorava Eternia e le guerre ne consumavano la gloria, trasformandola in un cumulo di rovine, Hordak sopravvisse, al sicuro nel suo esilio. Nessuno lo ricordava più, ma il seme della distruzione che era germogliato in lui non si era estinto: era stato solo gettato lontano, in un terreno ancora più fertile. E decenni dopo, quando altri pianeti sarebbero caduti sotto il peso della sua stessa ambizione, quella stessa rovina si sarebbe estesa su tutto e tutti. Secoli erano passati. Il suo corpo si era affinato nella perfezione meccanica, il suo dominio era cresciuto, le sue armate si erano moltiplicate. Etheria era divenuta il cuore pulsante del suo impero, un crogiolo di armi e guerra, alimentato da schiavi piegati al suo volere. Ma la galassia che lo aveva generato attendeva ancora il suo ritorno, e lui sapeva che il momento sarebbe giunto. Ora si trovava sulla sua nave, distante dalle meschinità del mondo fisico. I suoi ufficiali governavano in sua vece secondo i suoi piani, la sua Orda Infernale eseguiva gli ordini con cieca obbedienza. Non aveva bisogno di cibo, né di riposo, né di cure. Il suo corpo non invecchiava, non cedeva, non falliva. Era pressoché perfetto, ma per chi è servo dell’ambizione, neanche raggiungere la perfezione è la fine del viaggio. Eternia, il pianeta al centro dell’universo, serbava ancora qualcosa di prezioso per lui. Un tassello incompleto della sua ascesa, un frammento del passato che il suo esilio gli aveva strappato via. Appunti, schemi, formule, conoscenza che aveva sfiorato prima di essere bandito, lasciata indietro nell’urgenza della pena. Sapeva bene dove fosse custodita: nelle sale oscure del Castello di Grayskull, protetta da incantesimi e segreti antichi. Ma nessuna barriera era insormontabile per chi aveva fatto dell’ingegno la sua arma suprema. Immerso nel silenzio, con le braccia conserte, Hordak osservava la propria immagine riflessa sullo schermo, oltre il quale lo spazio si distendeva in un abisso di tenebra e vuoto. Nessuno osava disturbarlo nei suoi alloggi, nemmeno la Tessitrice d’Ombre. Nessuno, tranne colui che ora era alle sue spalle. Eppure Hordak non si mosse. Hordak: “Chiunque altro, fosse un dio o il più atroce dei demoni, avrebbe conosciuto la mia ira per un simile affronto. Ma per voi… per voi faccio un’eccezione. Non la chiamerei stima. È piuttosto consapevolezza della vostra utilità.” La figura rimase immobile. Hordak si voltò. I due si scrutarono come titani sull’orlo della battaglia. Stessa altezza, stessa imponenza, la fierezza scolpita nel portamento. Hordak indossava il suo corpetto nero con l’emblema del pipistrello rosso sul petto, il mantello calava sino ai polpacci, lasciando scoperto il resto della figura, i guanti e gli stivali neri come la morte stessa. L’altro aveva la pelle rosata, ma non era umano. Il volto celato da un elmetto dello stesso colore intenso che adornava parte della sua armatura. Hordak: Cosa ci fai qui da me, Zodac? Voi guerrieri cosmici siete neutrali, è l’ unico motivo per cui vi sopporto. Avanti, parla!! Zodac: “Vuoi davvero fingere di non sapere? Non sei troppo vecchio per questi giochetti, Hordak?” Hordak: “La tua neutralità non ti consente di mettermi i bastoni tra le ruote. Ho il diritto di fare ciò che voglio, e quando la mia arma sarà completata…” Zodac: “Tu non farai nulla. Noi guerrieri cosmici non ci curiamo delle lotte di potere, ma l’equilibrio dell’universo non deve essere infranto. Se Eternia cade, il cosmo stesso ne pagherà il prezzo.” Hordak: “Sciocchezze!” L’urlo fece vibrare l’aria. Il volto cadaverico, il muso da pipistrello, le sporgenze ossee che sembravano armi naturali: tutto in Hordak gridava dominio. Poi rise. Una risata dura, metallica. Hordak: “Voglio solo reclamare ciò che è mio. Grayskull ha conservato i miei segreti per troppo tempo. Non intendo distruggere il pianeta.” Zodac: “Eppure sarà ciò che accadrà.” Hordak: “Voi guerrieri cosmici potete prevedere le catastrofi? Allora ditemi, perché non avete salvato Eternia dalle grandi guerre?” Zodac: “All’epoca il nostro codice era più rigido. Siamo intervenuti solo per impedire la distruzione totale, e due dei miei compagni perirono per questo. Ora ci è concesso intervenire prima che il disastro sia inevitabile.” Hordak: “Quindi la mia arma, ancora incompleta, condannerebbe Eternia? Offendete la mia intelligenza. Ogni mio progetto è studiato nei minimi dettagli, e non risulta che…” Zodac: “Basta! Il mio potere non mente. Le sostanze che rilascerai nell’atmosfera reagiranno con le ceneri vulcaniche dormienti. Quando le tue navi atterreranno, la combinazione con i loro propulsori incendierà l’intero cielo di Eternia. Nulla sopravvivrà. Neppure tu.” Hordak rimase in silenzio. Zodac: “Non mi importa chi possiederà i segreti di Grayskull. Ma il pianeta non deve perire.” Hordak si voltò lentamente. Hordak: “Computer, mettimi in contatto con la plancia. Qui Hordak. Ordino l’immediata cessazione del ‘Programma Retaggio-Amaro’. Distruggete l’intera produzione.” Zodac non disse nulla. Hordak: “Soddisfatto? …Dove sei finito?” La stanza era vuota. Zodac era svanito come un miraggio. Hordak tornò a fissare lo schermo. Un sorriso feroce increspò le sue labbra. Hordak: “Computer, hai registrato i dati dell’armatura del guerriero cosmico?” Computer: “Analisi completata. Il corpetto è replicabile. L’elmetto, invece, sfugge alla scansione.” Hordak: “Peccato. Ma posso accontentarmi. Attirarlo qui è costato molto… ma ne è valsa la pena. Ah ah ah! Parola di Hordak!”

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