Free4Future
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June 12, 2025 at 03:56 PM
Si moltiplicano le avanzate jihadiste mentre i russi si ritirano Alba di sangue per il Mali Camillo Bosco Sebbene le sue sabbie siano dimenticate dal mondo, anche sul Sahel ogni giorno sorge l’alba. Talvolta però le persone che lo abitano preferirebbero un innaturale allungamento del buio notturno, che ripara non solo dallo spietato calore del sole ma anche da nemici ben più concreti e letali. Lo sanno bene i soldati della guarnigione maliana di Tessit, nel circondario di Ansongo della regione di Gao. In questa zona strategica al confine col Niger, nell’area centro-occidentale della Repubblica del Mali, il governo golpista di Bamako ha ordinato l’erezione di una roccaforte a guardia della porosa frontiera tra i due Paesi africani. La struttura è una sorta di area rettangolare assai ampia, delimitata da carcasse di mezzi, veicoli ancora funzionanti, lamiere e altre fortificazioni di fortuna. Nulla che possa ricordare fortificazioni romane o accampamenti della Legione straniera, ma ciononostante un perimetro difendibile in caso di attacco. In Africa è infatti l’estrema piattezza dell’orizzonte a rendere pericolose le azioni aggressive: gli attaccanti devono spesso avanzare allo scoperto, senza file di alberi o rilievi che possano nascondere al fuoco dei difensori. Soltanto la velocità può garantire una qualche possibilità di sopravvivenza a chi volesse espugnare l’avamposto presidiato. Così, come emersi da un incubo notturno sopravvissuto nel dormiveglia dell’alba, le figure irregolari di bizzarri cavalieri interrompono la linea dell’orizzonte. La luce rossiccia dei primi raggi del sole delinea i loro turbanti, le livree delle moto. Un tempo si sarebbero presentati a dorso di cammello o di cavallo, ma la mattina dello scorso 4 giugno i miliziani jihadisti avevano invece sellato i motocicli. Dozzine e dozzine di centauri appartenenti allo Stato Islamico della provincia del Sahel, cavallerizzi solitari o accoppiati. Un centinaio, pronti a colpire le Forze armate maliane nel momento di passaggio tra la notte e il giorno. L’area dei tre Paesi golpisti saheliani – Burkina Faso, Niger, Mali – non è tuttavia nuova a questi attacchi. I soldati sanno quali sono gli orari e le tattiche dei suprematisti islamici e i fucili lealisti prendono posto sul perimetro, pronti a respingere l’attacco. In pochi secondi gli urli di guerra sono sovrastati dal fragore delle moto, lanciate a folle velocità contro il muro di proiettili generato dai difensori. I jihadisti cadono a decine, come nei vecchi film degli indiani all’assalto delle carovane di pionieri o dei selvaggi africani contro le truppe coloniali europee. Minuto dopo minuto l’ondata di moto non accenna però a cedere, nonostante le perdite. I centauri jihadisti sono molto più numerosi dei fucili maliani e l’ondata di corpi e metallo irrompe nel perimetro, travolgendo i soldati regolari. Inizia così l’altra strage, dopo quella degli aggressori. Chi può, fugge. Chi non può, si riorganizza in zone più riparate dell’accampamento. Nella fureria, nelle baracche. La resistenza si rivela comunque vana, dando ragione a chi ha voltato le spalle al nemico. Dopo poche ore di combattimento, la base dell’esercito maliano a Tessit è infine caduta in mano allo Stato Islamico del Sahel. Una battaglia combattuta da ignoti alla periferia del mondo che segna tuttavia un nuovo passo per l’organizzazione jihadista, cioè l’iniziare ad appellarsi come un vero e proprio Stato e non una semplice provincia. Dopo una settimana la base di Tessit è ancora in mano allo Stato Islamico, essendo nel frattempo falliti i tentativi di riprenderne possesso. Soprattutto, il Gruppo Wagner ha annunciato l’addio definitivo al teatro maliano. Certo rimangono nell’area il progetto russo Africa Corps e l’agenzia mercenaria turca Sadat ma, se già i wagneriti negli anni non hanno brillato per efficacia (cadendo addirittura negli agguati dei tuareg aiutati dai servizi segreti ucraini), i loro colleghi moscoviti e turchi difficilmente riusciranno a ribaltare la situazione. Il ritiro dell’Occidente dall’area ha lasciato spazio soltanto al caos.

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